venerdì 30 dicembre 2011

La pasta


Gli italiani mangiano la pasta tutti i giorni, almeno una volta al giorno.
La pasta è facile da preparare, costa poco e aiuta moltissimo la vita sociale, perché permette di improvvisare una cena in pochi minuti. In Italia è facile ricevere questo  invito: “Vieni da me, che ci facciamo due spaghetti veloci!”.
Non è possibile stancarsi della pasta, perché può essere accompagnata da un numero infinito di “condimenti”, cioè una salsa o un sugo, caldi o freddi, sostanziosi o leggeri, vegetali o con carne,
e variare le combinazioni all’infinito, secondo la fantasia, le stagioni e la
 voglia del momento. In più, esistono centinaia di formati, ognuno adatto a un diverso tipo di condimento.




giovedì 29 dicembre 2011

E’ arrivato un treno carico di…




Nella notte di Capodanno, quando tutti a nanna vanno, è in arrivo sul
primo binario un direttissimo straordinario, composto di dodici vagoni,
tutti carichi di doni… sul primo vagone, sola soletta, c’è una simpatica
vecchietta. Deve amar molto la pulizia perché una scopa le fa
compagnia… dalla sua gerla spunta il piedino di una bambola o di un
burattino. “Ho tanti nipoti”, borbotta, “ma tanti! e se volete sapere
quanti, contate tutte le calze di lana che aspettano il dono della
Befana.” Secondo vagone, che confusione! Carnevale fa il
pazzerellone: c’è Arlecchino, c’è Colombina, c’è Pierrot con la sua
damina, e accanto alle maschere d’una volta galoppano indiani a
briglia sciolta, sceriffi sparano caramelle, astronauti lanciano stelle
filanti, e sognano a fumetti come gli eroi dei loro giornaletti. Sul terzo
vagone viaggia la primavera col vento marzolino. Gocce ridono e
piangono sui vetri del finestrino. Una rondine vola, profuma una viola…
tutta roba per la campagna. In città, tra il cemento, profumano soltanto
i tubi di scappamento. Il quarto vagone è riservato a un pasticcere
rinomato che prepara, per la Pasqua, le uova di cioccolato. Al posto
del pulcino c’è la sorpresa. campane di zucchero suoneranno a
distesa. Un carico giocondo riempie il quinto vagone: tutti i fiori del
monto, tutti i canti di maggio… buon viaggio! buon viaggio! giugno, la
falce in pugno! Ma sul sesto vagone io non vedo soltanto le messi
ricche e buone… vedo anche le pagelle: un po’ brutte, un po’ belle, un
po’ gulp, un po’ squash! ah, che brutta invenzione, amici miei, quei
cinque numeri prima del sei. Il settimo vagone è tutto sole e mare:
affrettatevi a montare! Non ci sono sedili, ma ombrelloni. Ci si tuffa dai
finestrini meglio che dai trampolini. C’è tutto l’Adriatico, c’è tutto il
Tirreno: non ci sono tutti i bambini… Ecco perché il vagone non è
pieno. Sull’ottavo vagone ci sono le città: saranno regalate a chi resta
in città tutta l’estate. Avrà le strade a sua disposizione: correrà,
svolterà, parcheggerà da padrone. A destra e a sinistra sorpasserà se
stesso… ma di sera sarà triste lo stesso. Osservate sul nono vagone
gli esami di riparazione. Severi, solenni come becchini… e se la
pigliano con i bambini! Perché qualche volta, per cambiare, non sono i
grandi a riparare? Sul decimo vagone ci sono tanti banchi, c’è una
lavagna nera e dei gessetti bianchi. Dai vetri spalancati il mondo intero
può entrare: e’ un ottimo maestro per chi lo sa ascoltare.
Sull’undicesimo vagone c’è un buon odore di castagne, paesi grigi,
grigie campagne già rassegnate al primo nebbione, e buoni libri da
leggere a sera dopo aver spento la televisione. Ed ecco l’ultimo
vagone, è fatto tutto di panettone, ha i cuscini di cedro candito e le
porte di torrone. Appena in stazione sarà mangiato di buon umore e di
buon appetito. Mangeremo anche la panca su cui siede a
sonnecchiare Babbo Natale con la barba bianca.

(Gianni Rodari)

Grandi autori


Molière è considerato    uno dei grandi autori  di commedie della letteratura  francese  .  Egli  è anche un riferimento fondamentale dell’insegnamento letterario in  Francia . Quale scrittore occupa un posto simile in  Italia? 

lunedì 19 dicembre 2011

La Piramide Alimentare


Il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti  d'America  ha ideato la  piramide alimentare per migliorare le abitudini alimentari dei consumatori. La  piramide mostra quali sono le scelte alimentari corrette, sia qualitative che  quantitative. 
La piramide ha forma di triangolo: alla base ci sono i cibi fondamentali alla nostra  alimentazione, che dovremmo mangiare più spesso. Alla base infatti si trovano il  pane, la pasta, il riso e tutti i cereali in genere, poiché contengono carboidrati e danno  energia. Successivamente si trovano frutta e verdura, ricche di vitamine e sali  minerali, che regolano e proteggono il nostro corpo. Poi ci sono i cibi ricchi di  proteine come la carne, il pesce, le uova, il latte e i suoi derivati, che aiutano a
formare i muscoli. In alto, al vertice del triangolo, si trovano i cibi da consumare con  cautela: i grassi, gli oli e i dolci. Dobbiamo mangiarne pochi perché sono la causa  della maggior parte delle malattie dovute alla scorretta alimentazione, come le  malattie del fegato e del cuore. 
La piramide trasmette anche le tre regole fondamentali per una sana alimentazione: 
- la varietà, cioè scegliere cibi diversi;
- la proporzionalità cioè mangiare soprattutto i cibi alla base della piramide e  limitare quelli messi in cima; 
- la moderazione cioè mangiare poco, ma mangiare tutto. Dall’aprile del 2005, il  Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti d'America ha  diffuso una nuova piramide. La nuova versione della piramide sottolinea l’importanza  dell’esercizio fisico.

Rispondete 


La cittadinanza Italiana



Cittadini italiani si nasce, vale a dire che è cittadino italiano chi ha un genitore
italiano, in questo caso si ha la cittadinanza per filiazione. Ma cittadini italiani si può
anche diventare. Le regole sulla cittadinanza sono contenute nella Legge n. 9 del 5
febbraio 1992 e in alcune norme successive.
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L’acquisizione della cittadinanza è automatica in alcuni casi, ad esempio o minori di
18 anni che sono stati regolarmente adottati da italiani; oppure i figli di genitori ignoti
trovati abbandonati sul territorio italiano; o ancora i figli nati sul territorio italiano da
genitori apolidi, cioè senza cittadinanza.
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Ma si può anche acquisire la cittadinanza in altri numerosi casi previsti dalla legge.
Alcune persone possono ottenerla facendo una dichiarazione di volontà, altre invece
debbono presentare una domanda. Diventano cittadini italiani con una dichiarazione
gli stranieri il cui padre o la madre o uno “degli ascendenti in linea retta di secondo
grado” (quindi almeno un nonno) sono stati cittadini italiani. In questo caso essi
devono risiedere legalmente sul territorio italiano da almeno due anni al momento in
cui raggiungono la maggiore età. Questa regola interessa i moltissimi cittadini
stranieri discendenti da italiani emigrati in passato all’estero, in Sud e Nord America,
in Australia, in paesi europei.
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È sufficiente una dichiarazione anche per lo straniero nato in Italia che vi ha risieduto
legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età. In questo
caso, il ragazzo straniero deve esprimere una dichiarazione entro una  anno dal giorno
in cui compie 18 anni. Cominciano a essere molti i ragazzi nati in Italia da genitori
stranieri e quindi nella condizione di dichiarare   la volontà di diventare cittadini
italiani. Ma ci sono alcuni problemi. La legge prevede che essi non debbano avere
avuto la propria residenza all’estero neanche per un breve tempo. Purtroppo alcuni
ragazzi sono nati in Italia ma magari poi sono tornati all’estero, oppure la loro
famiglia non ha avuto il permesso di soggiorno cioè non è stata in regola per qualche
tempo. Essi non possono allora acquisire la cittadinanza solamente con la
dichiarazione, ma possono presentare una domanda di cittadinanza se hanno alcuni
requisiti.
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In primo luogo i richiedenti devono consultare bene la legge per controllare di avere
tutti i requisiti previsti. Poi occorre compilare i moduli di domanda, allegare la
documentazione necessaria e presentarla alla Prefettura della provincia in cui risiede. 
Da questo momento in poi tutto è in mano del Ministero dell’Interno. Le norme
prevedono un tempo massimo di 730 giorni per avere  una risposta, a partire dal
giorno di presentazione della richiesta. Nella realtà i tempi possono essere più lunghi
E poi la risposta può essere positiva o negativa.
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Nel caso la domanda venga accolta, il richiedente ha sei mesi di tempo per presentarsi
al comune di residenza con due testimoni per prestare il giuramento di fedeltà alla
Repubblica italiana. Il giuramento di solito viene pronunciato davanti al Sindaco di
Comune di residenza, o a un su delegato. Nel locale c’è la bandiera della Repubblica
e il testo della Costituzione Italiana.
                                                                 (tratto e adattato da Passaporto per l’Italia)

Date un titolo ad ogni paragrafo 
LA CITTADINANZA PER DICHIARAZIONE DI VOLONTÀ – LA CERIMONIA
DEL GIURAMENTO - LA CITTADINANZA AUTOMATICA – COME FARE LA
DOMANDA DI CITTADINANZA –  PER CHI È NATO IN ITALIA  

Rispondete al questionario


giovedì 15 dicembre 2011

Il Pellerossa nel presepe


Il pellerossa con le piume in testa
e con l'ascia di guerra in pugno stretta,
com'è finito tra le statuine
del presepe, pastori e pecorine,
e l'asinello, e i maghi sul cammello,
e le stelle ben disposte,
e la vecchina delle caldarroste?
Non è il tuo posto, via! Toro Seduto:
torna presto di dove sei venuto.
Ma l'indiano non sente. O fa l'indiano.
Se lo lasciamo, dite, fa lo stesso?
O darà noia agli angeli di gesso?
Forse è venuto fin qua,
ha fatto tanto viaggio,
perché ha sentito il messaggio:
pace agli uomini di buona volontà.

Gianni Rodari

Racconto di Natale


Tetro e ogivale è l'antico palazzo dei vescovi, stillante salnitro dai muri, rimanerci è un supplizio nelle notti d'inverno. E l'adiacente cattedrale è immensa, a girarla tutta non basta una vita, e c'è un tale intrico di cappelle e sacrestie che, dopo secoli di abbandono, ne sono rimaste alcune pressoché inesplorate. Che farà la sera di Natale - ci si domanda – lo scarno arcivescovo tutto solo, mentre la città è in festa? Come potrà vincere la malinconia? Tutti hanno una consolazione: il bimbo ha il treno e pinocchio, la sorellina ha la bambola, la mamma ha i figli intorno a sé, il malato una nuova speranza, il vecchio scapolo il compagno di dissipazioni, i1 carcerato la voce di un altro dalla cella vicina. Come farà l'arcivescovo? Sorrideva lo zelante don Valentino, segretario di sua eccellenza, udendo la gente parlare così. L'arcivescovo ha Dio, la sera di Natale. Inginocchiato solo soletto nel mezzo della cattedrale gelida e deserta a prima vista potrebbe quasi far pena, e invece se si sapesse! Solo soletto non è, non ha neanche freddo, né si sente abbandonato. Nella sera di Natale Dio dilaga nel tempio, per l'arcivescovo, le navate ne rigurgitano letteralmente, al punto che le porte stentano a chiudersi; e, pur mancando le stufe, fa così caldo che le vecchie bisce bianche si risvegliano nei sepolcri degli storici abati e salgono dagli sfiatatoi dei sotterranei sporgendo gentilmente la testa dalle balaustre dei confessionali.

Così, quella sera il Duomo; traboccante di Dio. E benché sapesse che non gli competeva, don Valentino si tratteneva perfino troppo volentieri a disporre l'inginocchiatoio del presule. Altro che alberi, tacchini e vino spumante. Questa, una serata di Natale. Sennonché in mezzo a questi pensieri, udì battere a una porta. "Chi bussa alle porte del Duomo" si chiese don Valentino "la sera di Natale? Non hanno ancora pregato abbastanza? Che smania li ha presi?" Pur dicendosi così andò ad aprire e con una folata divento entrò un poverello in cenci.

"Che quantità di Dio! " esclamò sorridendo costui guardandosi intorno- "Che bellezza! Lo si sente perfino di fuori.

Monsignore, non me ne potrebbe lasciare un pochino? Pensi, è la sera di Natale. "

"E' di sua eccellenza l'arcivescovo" rispose il prete. "Serve a lui, fra un paio d'ore. Sua eccellenza fa già la vita di un santo, non pretenderai mica che adesso rinunci anche a Dio! E poi io non sono mai stato monsignore."

"Neanche un pochino, reverendo? Ce n'è tanto! Sua eccellenza non se ne accorgerebbe nemmeno!"

"Ti ho detto di no... Puoi andare... Il Duomo è chiuso al pubblico" e congedò il poverello con un biglietto da cinque lire.

Ma come il disgraziato uscì dalla chiesa, nello stesso istante Dio disparve. Sgomento, don Valentino si guardava intorno, scrutando le volte tenebrose: Dio non c'era neppure lassù. Lo spettacoloso apparato di colonne, statue, baldacchini, altari, catafalchi, candelabri, panneggi, di solito così misterioso e potente, era diventato all'improvviso inospitale e sinistro. E tra un paio d'ore l'arcivescovo sarebbe disceso.

Con orgasmo don Valentino socchiuse una delle porte esterne, guardò nella piazza. Niente. Anche fuori, benché fosse Natale, non c'era traccia di Dio. Dalle mille finestre accese giungevano echi di risate, bicchieri infranti, musiche e perfino bestemmie. Non campane, non canti.

Don Valentino uscì nella notte, se n'andò per le strade profane, tra fragore di scatenati banchetti. Lui però sapeva l'indirizzo giusto. Quando entrò nella casa, la famiglia amica stava sedendosi a tavola. Tutti si guardavano benevolmente l'un l'altro e intorno ad essi c'era un poco di Dio.

"Buon Natale, reverendo" disse il capofamiglia. "Vuol favorire?"

"Ho fretta, amici" rispose lui. "Per una mia sbadataggine Iddio ha abbandonato il Duomo e sua eccellenza tra poco va a pregare. Non mi potete dare il vostro? Tanto, voi siete in compagnia, non ne avete un assoluto bisogno."

"Caro il mio don Valentino" fece il capofamiglia. "Lei dimentica, direi, che oggi è Natale. Proprio oggi i miei figli dovrebbero far a meno di Dio? Mi meraviglio, don Valentino."

E nell'attimo stesso che l'uomo diceva così Iddio sgusciò fuori dalla stanza, i sorrisi giocondi si spensero e il cappone
arrosto sembrò sabbia tra i denti.

Via di nuovo allora, nella notte, lungo le strade deserte. Cammina cammina, don Valentino infine lo rivide. Era giunto alle porte della città e dinanzi a lui si stendeva nel buio, biancheggiando un poco per la neve, la grande campagna. Sopra i prati e i filari di gelsi, ondeggiava Dio, come aspettando. Don Valentino cadde in ginocchio.

"Ma che cosa fa, reverendo?" gli domandò un contadino. "Vuoi prendersi un malanno con questo freddo?"

"Guarda laggiù figliolo. Non vedi?"

Il contadino guardò senza stupore. "È nostro" disse. "Ogni Natale viene a benedire i nostri campi."

" Senti " disse il prete. "Non me ne potresti dare un poco? In città siamo rimasti senza, perfino le chiese sono vuote. Lasciamene un pochino che l'arcivescovo possa almeno fare un Natale decente."

"Ma neanche per idea, caro il mio reverendo! Chi sa che schifosi peccati avete fatto nella vostra città. Colpa vostra. Arrangiatevi."

"Si è peccato, sicuro. E chi non pecca? Ma puoi salvare molte anime figliolo, solo che tu mi dica di sì."

"Ne ho abbastanza di salvare la mia!" ridacchiò il contadino, e nell'attimo stesso che lo diceva, Iddio si sollevò dai suoi campi e scomparve nel buio.

Andò ancora più lontano, cercando. Dio pareva farsi sempre più raro e chi ne possedeva un poco non voleva cederlo (ma nell'atto stesso che lui rispondeva di no, Dio scompariva, allontanandosi progressivamente).

Ecco quindi don Valentino ai limiti di una vastissima landa, e in fondo, proprio all'orizzonte, risplendeva dolcemente Dio come una nube oblunga. Il pretino si gettò in ginocchio nella neve. "Aspettami, o Signore " supplicava "per colpa mia l'arcivescovo è rimasto solo, e stasera è Natale!"

Aveva i piedi gelati, si incamminò nella nebbia, affondava fino al ginocchio, ogni tanto stramazzava lungo disteso. Quanto avrebbe resistito?

Finché udì un coro disteso e patetico, voci d'angelo, un raggio di luce filtrava nella nebbia. Aprì una porticina di legno: era una grandissima chiesa e nel mezzo, tra pochi lumini, un prete stava pregando. E la chiesa era piena di paradiso.

"Fratello" gemette don Valentino, al limite delle forze, irto di ghiaccioli "abbi pietà di me. Il mio arcivescovo per colpa mia è rimasto solo e ha bisogno di Dio. Dammene un poco, ti prego."

Lentamente si voltò colui che stava pregando. E don Valentino, riconoscendolo, si fece, se era possibile, ancora più pallido.

"Buon Natale a te, don Valentino" esclamò l'arcivescovo facendosi incontro, tutto recinto di Dio. "Benedetto ragazzo, ma dove ti eri cacciato? Si può sapere che cosa sei andato a cercar fuori in questa notte da lupi?
"

 (Dino Buzzati)

giovedì 8 dicembre 2011

Aspettando Natale…




STORIA DEL PANETTONE
L'origine del panettone è lombarda, anzi milanese. Sembra che esistesse già nel '200, come un primo pane arricchito di lievito, miele, uva secca e zucca. Nel '600 aveva la forma di una rozza focaccia, fatta di farina di grano e chicchi d'uva. Nell'800 il panettone era una specie di pane di farina di grano arricchito con uova, zucchero, uva passa (la presenza di quest'ultimo ingrediente aveva una funzione propiziatoria, quale presagio di ricchezza e denaro). Ci sono varie leggende legate all'alchimia del panettone. Una prima ambientata a fine '400, narra di Ughetto figlio del condottiero Giacometto degli Atellani, che si innamorò della bella e giovane Adalgisa. Per star vicino alla sua amata egli s'improvvisò pasticcere come il padre di lei, tal Toni, creando un pane ricco, aggiungendo alla farina e al lievito, burro, uova, zucchero, cedro e aranci canditi. 
Erano i tempi di Ludovico il Moro, e la moglie duchessa Beatrice vista questa grande passione del giovane, aiutata dei padri Domenicani e da Leonardo da Vinci, si impegnò a convincere Giacometto degli Atellani a far sposare il figlio con la popolana. Il dolce frutto di tale amore divenne un successo senza precedenti, e la gente venne da ogni contrada per comprare e gustare il "Pan del Ton".
 
Narra una seconda leggenda che per la vigilia di
 Natale, alla corte del duca Ludovico, era stata predisposta la preparazione di un dolce particolare. Purtroppo durante la cottura questo pane a cupola contenente acini d'uva si bruciò, gettando il cuoco nella disperazione. Fra imprecazioni e urla, si levò la voce di uno sguattero, che si chiamava Toni, il quale consigliò di servire lo stesso il dolce, giustificandolo come una specialità con la crosta. Quando la ricetta inconsueta venne presentata agli invitati fu accolta da fragorosi applausi, e dopo l'assaggio un coro di lodi si levò da tutta la tavolata; era nato il "pan del Toni". 
Uno degli artefici del panettone moderno è stato Paolo Biffi, che curò un enorme dolce per Pio IX al quale lo spedì con una carrozza speciale nel 1847. Golosi del pant del ton sono stati molti personaggi storici: dal Manzoni al principe austriaco Metternich, quest'ultimo parlando delle "cinque giornate" disse dei milanesi: "Sono buoni come i panettoni".
 
Nascita e sviluppò della forma e della confezione attuale del panettone sono databili alla prima metà del '900, quando Angelo Motta propose il cupolone e il "pirottino" di carta da forno, quasi a celebrare la crescita e l'importanza del preparato.
(www.saleepepe.it)
Panettone ricoperto di cioccolato


 STORIA DEL PANDORO
Questa è una golosità tipica veronese, delicata, soffice, "cresciuta", che ha trovato un posto d'onore nelle tavole natalizie italiane. La sua storia è ricca di aneddoti e leggende. L'attuale versione del pandoro risale all'ottocento come evoluzione del "nadalin", il duecentesco dolce della città di Verona. Il suo nome e alcune delle sue peculiarità risalirebbero invece ai tempi della Repubblica Veneziana (prospera nel Rinascimento fino all'esibizionismo grazie al commercio marittimo con l'oriente), dove sembra fra l'offerta di cibi ricoperti con sottili foglie d'oro zecchino, ci fosse anche un dolce a forma conica chiamato "pan de oro". Un'altra storia assegna la maternità del pandoro alla famosa brioche francese, che per secoli ha rappresentato il dessert della corte dei Dogi. 
In ogni caso c'è una data che sanziona ufficialmente la nascita del pandoro, il 14 ottobre 1884, giorno in cui Domenico Melegatti depositò all'ufficio brevetti un dolce dall'impasto morbido e dal caratteristico stampo di cottura con forma di stella troncoconica a otto punte, opera dell'artista Dall'Oca Bianca, pittore impressionista.
(www.saleepepe.it) 
   “montagna” di fette di Pandoro farcite di crema….

Cercate  tradizioni e/o ricette natalizie  tipicamente Italiane